L’intervista ad Angela Quaquero: “Le priorità sono il superamento dei disagi e il futuro dei giovani”

Le sfide dell'insularità, l'emigrazione giovanile e coinvolgere i giovani sardi nella politica europea.

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Quali sono le sue priorità assolute per migliorare le condizioni di vita dei cittadini sardi e come intende tradurle in azioni concrete e misure legislative europee?

Le priorità assolute sono certamente il superamento dei disagi dovuti all’insularità, che procurano ai cittadini sardi delle condizioni di svantaggio un po’ in tutti i campi: dalla libertà di movimento delle persone e delle merci, all’aumento dei costi per l’esportazione dalla Sardegna al continente o negli altri Stati europei, che subiscono un ricarico che va dal 20 al 30% in più.

Questo è come partecipare alla corsa dei 100 metri, ma invece di partire dai blocchi di partenza come tutti gli altri, partiamo 20 metri indietro.

Come affronterà la questione dell’insularità e della marginalizzazione della Sardegna nell’Unione Europea, tenendo conto della sua esperienza e della sua conoscenza approfondita della realtà locale?

La questione dell’insularità dovrebbe essere affrontata tenendo conto che, già nel trattato dell’Unione Europea, all’articolo 174, l’Europa si pone l’obiettivo di tutelare e valorizzare le isole. Difatti le isole partono svantaggiate perché sono isole e hanno necessità di attenzioni particolari, non solo nei collegamenti, ma in generale a cascata, in una serie di problemi infrastrutturali e di spopolamento che ben conosciamo.

Si può affrontare questo problema in almeno due modi: il primo è quello di inserire la Sardegna e la Sicilia nel contesto delle regioni europee ultra-periferiche, già esistenti in Europa. Questo comporterebbe dei vantaggi fiscali importanti, ma soprattutto la possibilità di non ottemperare rigidamente al divieto degli aiuti di Stato. Questo comporta automaticamente il superamento di molti problemi che riguardano la continuità territoriale. Una seconda modalità è quella di chiedere e ottenere un regolamento che, sempre agganciandosi all’articolo 174 dell’UE, consenta di derogare ad alcune norme che valgono per gli altri Stati, per tutti gli abitanti delle isole europee. Questi abitanti sono circa 20 milioni e rappresentano praticamente il 4% di tutti gli abitanti dell’Europa. Quindi è una condizione che riguarda una percentuale molto bassa di abitanti e si potrebbe ottenere una deroga. Il problema principale è il divieto degli aiuti di Stato, un divieto istituito proprio per favorire la libera concorrenza; ma che, se applicato a una situazione geografica in partenza svantaggiata, elimina la libera concorrenza e crea soltanto degli svantaggi.

Come si propone di coinvolgere attivamente i giovani sardi nella politica e nel processo decisionale, superando la loro diffidenza e disillusione nei confronti della politica tradizionale?

Credo che i giovani possano essere coinvolti se si rendono conto che partecipare attivamente alla politica europea comporta vantaggi e garantisce dei diritti. I nostri giovani sono nati europei, l’Europa l’hanno sempre vissuta. La girano con gli Erasmus, hanno sempre viaggiato senza mostrare la carta d’identità alla frontiera, non devono cambiare la valuta. Però, probabilmente, non hanno ancora acquisito che questi sono privilegi importanti, che sono stati costruiti nel tempo. Sono condizioni di vantaggio importanti che dobbiamo difendere e comprendere a fondo.

L’appartenenza all’Europa è qualcosa che può spingere i giovani anche alla partecipazione politica, è un sentimento che però dobbiamo ancora costruire.

Come affronterà il tema dell’emigrazione giovanile dalla Sardegna e cosa farà per rendere la nostra isola più attrattiva e sostenibile per i giovani?

Per rendere attrattiva la nostra terra ai giovani, occorre garantire loro delle condizioni di lavoro certe, dignitose e non precarie. Un giovane non si può stabilire in Sardegna se guadagna molto meno che altrove e soprattutto se non può utilizzare le sue competenze e la sua personalità, perché deve accontentarsi di un lavoro sottoqualificato.

Penso che utilizzando i fondi europei per la coesione, per le infrastrutture eccetera, noi possiamo cominciare e continuare da dove si è già iniziato. Ma soprattutto: cominciare a costruire un terreno favorevole al fatto che i giovani possano tornare e investire il loro know-how, le competenze che hanno acquisito altrove.

Quando questo accade vediamo che i giovani sono capaci di coniugare molto bene – in maniera brillante – le nostre tradizioni e la loro capacità di innovazione. Tradizione e innovazione sono qualcosa che produce qualità a livelli altissimi.

Quali garanzie può offrire agli elettori sardi che la loro voce sarà ascoltata e rappresentata in Europa, considerando il senso di abbandono e di esclusione che spesso si avverte qui?

Ho fatto la mia campagna girando tutta la Sardegna e visitando una trentina di centri abitati, città e anche paesi molto piccoli. Se io dovessi essere eletta in Europa, posso garantire di continuare a fare esattamente quello che ho fatto adesso, cioè: incontrare, coinvolgere e parlare. Credo veramente che l’Europa debba essere un’Europa delle comunità locali e delle amministrazioni locali. Oltre a questo, sarà mio impegno coinvolgere le amministrazioni locali, e la Regione, in un sistema di servizi di accompagnamento all’Europa. Per acquisire fondi europei occorre saper fare i progetti, saperli accompagnare, rendicontare e valutare. Spendere i soldi europei non è semplicissimo, occorrono servizi di sostegno e accompagnamento. Le altre regioni lo fanno, lo possiamo fare anche noi.

Infine, come convincerebbe un elettore sardo scettico che il suo voto per lei può effettivamente portare a cambiamenti significativi e positivi per la Sardegna e per le sue comunità?

A un elettore sardo possiamo dire: “se non c’è qualcuno che parla della Sardegna in Europa, e parla dell’Europa in Sardegna, è difficile che possiamo dire la nostra e avere uno spazio”. L’Europa entra molto nella nostra vita quotidiana, non soltanto con le risorse da investire in: infrastrutture, trasporti, agricoltura, industria, nella transizione energetica, nella tutela dell’ambiente e dell’economia; ma anche nella tutela dei nostri diritti. Come i diritti delle donne, diritti delle LGBTQ+, diritti dei giovani che hanno diritto a un salario minimo garantito – come tutti gli altri cittadini. Noi possiamo agganciarci all’Europa per far valere questi diritti, quando per esempio non troviamo una risposta adeguata nelle istituzioni nazionali. Credo che continuare a non votare, o voltarsi dall’altra parte, significhi lasciare semplicemente spazio ad altre persone di decidere per noi, e questo è un vero peccato.

Come intende bilanciare la necessità di energia pulita con la tutela dell’ambiente e del territorio sardo?

La necessità di energia pulita deve essere perseguita e attuata con tutte le nostre forze, ma questa non può impattare negativamente sul nostro ambiente e sul nostro territorio, distruggendo il paesaggio. Per far questo bisogna che le comunità locali siano coinvolte, che ci sia una programmazione regionale di sintesi – che riesca a fare sintesi delle diverse esigenze – che vengano individuati i siti in cui non è distruttivo inserire, per esempio, delle pale eoliche o altre fonti di energia rinnovabile pulita.

Ricordiamoci che abbiamo una cinquantina di invasi e dighe artificiali che, se dotati delle opportune infrastrutture e delle opportune attrezzature: pompe di risalita ed interconnessioni, riescono a farci superare il problema della siccità, ma anche a produrre un’importante quantità di energia rinnovabile pulita.

Credo veramente che occorra fare sintesi delle diverse esigenze. La sintesi è difficile perché all’inizio sono in contrasto le une con le altre, che siano le esigenze dell’agricoltura con quelle della tutela dell’ambiente, le esigenze delle industrie con quelle della produzione di energia pulita. Però io penso che questo sia il compito della politica, cioè avviare un percorso positivo virtuoso di confronto e di sintesi fra le diverse esigenze. La politica deve fare questo lavoro. Mettere a confronto le esigenze, trovare un punto di caduta che consenta di andare avanti su una strada di uno sviluppo sostenibile. Quando parliamo di sostenibilità, parliamo di una sostenibilità complessiva, non soltanto ambientale. Una sostenibilità che sia economica e sociale. Il Partito Democratico su questo pone un accento molto forte e chiede anche un fondo di transizione speciale, diciamo un altro PNRR proprio per questo.

Come intende coinvolgere attivamente le comunità locali nel processo decisionale e assicurare che i loro interessi siano adeguatamente rappresentati e tutelati nel contesto dello sviluppo dell’energia eolica in Sardegna?

Io credo che le comunità locali possano essere coinvolte nel processo decisionale sia dall’Europa che dalla Sardegna. Questo legame stretto e diretto fra Europa e Sardegna ci serve per fare questo passaggio; perché se passiamo sempre e solo dal governo nazionale questo passaggio di coinvolgimento delle comunità locali non riusciamo a farlo. Riusciamo a farlo con un’Europa che è anche un’Europa delle Regioni.

di redazione PD Trexenta

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